Il mio chianchiere (alias macellaio) si chiama Marco. Lo conosco da anni ma non mi ricordo quanti. Marco è il macellaio che ha la sua bottega sotto al palazzo dei miei genitori.
Buongiorno, buonasera, come va.
Ma conosco il suo soffritto dall’odore prima e dal sapore poi che non saprei descrivere ma che ti raggiunge fino a casa, due piani sopra la sua bottega. Ma oltre alle sue delizie gastronomiche Marco mi ha sempre regalato il suo sorriso. Il suo e quelli di sua moglie che lo aiuta nel negozio. Poi un giorno mi sono fermato e Marco mi ha raccontato la sua storia.
Io l’ho sempre visto come il macellaio nella sua mansione, nella mia mania di “valutare i rischi” e l’ho visto come il lavoratore che per lavorare idoneamente deve indossare il grembiule per sfasciare i pezzi di carne più grandi, il guanto di ferro per tagliare la carne, le scarpe con puntale ed il giubbottino termico per accedere alla cella frigo.
Ma non credo che Marco sappia tutto questo!!!!
Lui è cresciuto come suol dirsi “in mezzo alla strada” o meglio nella bottega del masto. Oggi ha 44 anni e da 30 lavora (o meglio vive) nella sua macelleria. Dalle 8,30 alle 21,00 tutti i giorni chiaramente esclusi i giovedì pomeriggio e le domeniche. Parliamo di circa 70 ore a settimana. Alla faccia dei contratti da 36 o 40 ore!!!!!!!!!!!!!!!
Ma Marco è un “datore di lavoro“: di sè stesso, di sua moglie e dei suoi figli che gli danno una mano nel negozio. Lui è cresciuto in un quartiere difficile per non dire complicato per non offendere nessuno con parole più esplicite. Padre e madre divorziati e 5 fratelli. La sua storia di macellaio è cominciata con un cugino macellaio il 25 agosto di tanti, troppi anni fa che lo “raccomandò” per fare questo mestiere.
Un ragazzo con il titolo di 3a media che per evitare di restare in strada ha cominciato a fare il ragazzo di bottega. E se a 17 anni era un ragazzo di bottega a 21 anni è diventato il titolare della macelleria. Con fierezza e senza mai eliminare quel bel sorriso dal suo viso suadente mi mostra i “segni della battaglia“: le ferite di 2 dita nel tritacarne e alcuni tagli alle mani per i coltelli.
Ma quelle per Marco non sono ferite sono medaglie che fanno onore alla sua professione di macellaio. Marco non sa cosa sia il D.Lgs. 81/08. Non conosce le regole e le norme della sicurezza sul lavoro. Marco conosce la strada e le difficoltà che ha dovuto superare e che ancora affronta tutti i giorni. Marco non conosce la differenza tra “pericolo” e “rischio“. Marco non sa che il tritacarne ha una protezione per evitare di “infilarci” le mani.
Marco la carne la deve toccare, plasmare, accompagnare nel tritacarne.
Marco però conosce mille modi per farsi male e per evitare di farsi male. La sua esperienza con le sue ferite lo porta a svolgere il suo lavoro nel migliore dei modi. Anche senza protezioni. E se gli parli di scarpe di sicurezza, di guanti e grembiule di protezione, lui se la ride. E ti fa fesso con quel suo sorriso coinvolgente.
E se gli chiedi: Come ti senti? Lui ti risponde: Ho la schiena a pezzi E li non so cosa rispondere.
Forse le 70 ore settimana sono troppe?
Forse la postura incongrua di stare sempre in piedi non è la migliore delle condizioni?
Forse movimentare pezzi di carne di peso eccessivo sicuramente non è benefico?
Ed a quel punto non puoi che ricambiare con un sorriso e salutarlo ringraziandolo per aver condiviso la storia della sua vita,
Non prima che Marco dica: Ingegne’ aggiù fatt ‘o soffritto oggi. Che fate non lo provate?
Ing. Carmine Piccolo

